Daniele Nardi, la sfida di vedere il mondo dalle vette più alte

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Grandi emozioni, storie incredibili e racconti davvero speciali: nel Borgo dei Campioni, il “battesimo” del Festival della Letteratura Sportiva c’è stato con la Serata “Oro Bianco”, condotta dal giornalista Gerardo De Vivo dell’Agenzia radiofonica Area insieme al direttore artistico del Festival Dario Ricci. Le storie di Antonio Tartaglia, Oscar De Pellegrin e Daniele Nardi hanno catalizzato l’attenzione dei presenti, letteralmente rapiti dalle loro parole.

Per chi malauguratamente si fosse perso la serata, vi facciamo conoscere meglio Daniele Nardi e la sua storia. Chi è Daniele? E’ stato primo alpinista nella storia, nato al di sotto del Po, ad aver scalato l’Everest ed il K2, le due vette più alte al mondo.  Dal 2002, anno in cui ha toccato per la prima volta la quota degli 8.000 sul Cho Oyu (sesta montagna più alta del mondo posta tra la Cina ed il Nepal) non si è più fermato. E non ha intenzione di farlo. La sua vita è una sfida, la sfida è il sale della sua vita.

La sua prima arrampicata a quale età? “In realtà è una predisposizione innata la mia ad arrampicare: ho delle foto da bambino (forse 10 anni ma sono difficili da datare), in cui sono appeso e arrampicato sugli alberi e papà si divertiva parecchio a scattare ricordi. La prima vera scalata invece a 16/17 anni quando, stanco di camminare per sentieri e pur non conoscendo nulla di arrampicata, mi feci comprare una corda statica, presi in prestito un imbraco e moschettoni da ferramenta e partii per le montagne di casa mia, vicino Latina. Furono i primi tentativi in cui inventare nodi, sistemi di sicurezza etc. Forse dovrei chiamarli tentativi di ‘suicidio’ considerando che non avevo nessuna conoscenza di tecnica di scalata , ma furono giorni indimenticabili. Al ritorno, mi fecero trovare la locandina di un corso di arrampicata che si teneva proprio a Latina. Da quel momento iniziò il mio cammino verso l’arrampicata sportiva che mi ha spinto verso l’alpinismo che per me è tutta un’altra storia”.

Porta la sua esperienza nelle scuole, come reagiscono i bambini agli incontri?“Ho sempre ‘frequentato’ le scuole sia in tema di diritti umani, sia per far conoscere ai bambini la montagna quale mezzo per sfatare le paure e affrontare i propri limiti. Un mantra che racconto sempre è questo: ‘Un giorno la paura bussò alla porta, il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno’. E’ un messaggio che i ragazzi recepiscono molto e riescono a far loro. L’uso delle metafore e delle storie è potentissimo. A volte si hanno paure irrazionali, che non hanno legami con la realtà, in questi casi basterebbe avere il coraggio di aprire la porta e scoprire che in realtà possiamo affrontarle e queste si ridurrebbero drasticamente. I bambini hanno sempre risposto bene alla triade che presento: cultura della montagna, le grandi vette e i diritti umani quale base per vivere meglio il futuro. Sono state esperienze bellissime perché le domande dei piccoli sono libere e ti trovi ad affrontare temi che mai avresti pensato in una scuola media o elementare. Oggi purtroppo a causa dei numerosi impegni non riesco più a dedicarmi a a queste esperienze, spero un giorno di poter tornare”

Sei al Festival Rocky Marciano 2018. Ti senti di ringraziare qualcuno per quanto fatto finora? “E’ stato un onore partecipare a un evento che sta diventando sempre più importante nel Centro Italia. Ringrazio Dario Ricci per la passione con cui mi ha voluto alla manifestazione e gli organizzatori che sono veramente gentili e professionali. Un grazie va anche al mio sponsor Ciesse Outdoor per il sostegno continuo che mi dà”.

Appuntamento a Ripa Teatina, il Borgo dei Campioni, per conoscere tante altre grandi storie di vita e di sport!

(Dichiarazioni tratte dall’intervista di Francesca Di Giuseppe per Postcalcium)

 

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